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Santa Margherita Maria Alacocque

Internandoci da via di Passolombardo, vicino all’Università di Tor Vergata, troviamo la chiesa di colore celeste di Santa Margherita Maria Alacocque. Nella sua forma, con la croce in mezzo, essa ricorda una postazione della Croce Rossa. Il senso è che trattasi di luogo fisico dove si curano le anime, gli uomini, dalle ferite morali e spirituali, come in un ospedale da campo. Ferite gravi curate d’urgenza e con devozione e spirito missionario. Ospedale delle anime e dello spirito, cure dall’oggi materialista. È di colore celeste innanzi tutto perché un ospedale delle anime e delle ferite spirituali è una specie di paradiso in terra, nel senso che vi avviene l’esposizione alla gloria di Dio. È luogo celeste perché cura lo spirito e l’anima con la celestialità, la beatitudine, la beltà di Dio che sono in esso. Inoltre, in esso, nella sua attività, avviene l’esercizio delle azioni sante degli uomini, e anche in questo senso è luogo paradisiaco. Detto quanto esprime immediatamente il colore celeste dell’esterno della chiesa, occorre dire che questo ricorda e rappresenta, insieme alla struttura a casa, le chiese e i colori dell’Africa, continente dove tra la fame e la miseria si allestiscono ospedali da campo e chiese con semplici mattoni. A ricordare l’Africa, o meglio le chiese africane, in particolare, la forma della porta e la sua tettoia, entrambe in legno. Riportandoci simbolicamente in Africa, è un glorioso e celeste ospedale nella povertà spirituale che il materialismo porta con sé. La vetrata frontale, interrotta dalla tettoia, dà un tocco di solennità di chiesa imponente, sacra e rispettabile, cercando una maggiore altezza e presenza. Come tenda della Croce Rossa è alta, non bassa, perché si eleva notevolmente alla spiritualità e all’altezza dell’anima, sicuramente a Dio. Il rivestimento è di mattonelle, ma più da lontano sembra di pannelli moderni di materiale sintetico, e rappresentano la modernità, e ultramodernità, della chiesa, coerentemente inserita nella metropoli odierna tecnologica. La croce rimane di color legno, dorata nel punto d’intersezione. Ricorda il materiale più umile e utile, più naturale, primordiale con cui l’uomo ha a che fare, da cui la tecnica costruttiva proviene. Qui rappresenta anche la fine e il dolore di Cristo nel suo sommo sacrificio. Nell’oro è rappresentato il concetto di questo, inarrivabile, splendido, puro, prezioso, massimo, sacro. Da terra, il rivestimento iniziale delle pareti è di cemento chiaro, a indicare che l’ospedale è stabile, fisso, non è un campo ma una struttura dalla base fissa, comprendente il legno. È anche riferimento al nudo cemento o blocchetti africani, come la pavimentazione esterna assente, costituita da cemento a indicare la povertà materiale e perché no spirituale in cui si può cadere, curata dall’ospedale. La povertà del pavimento esterno può significare ricchezza spirituale, e interiore, sottolineata dalla celestialità del luogo. L’aspetto della vetrata, che indica sacralità, solennità e altezza, passa in secondo piano rispetto alla essenzialità e concretezza della tettoia in legno, come della porta.
L’edificio è affiancato da struttura metallica a triangolo che rappresenta le strutture e infrastrutture della grande città moderna, muri di cemento e travi, sopraelevate, che la compongono. Per arrivare al cospetto della chiesa è necessario percorrere un piccolo viale, quindi un pellegrinaggio o percorso, per spogliarsi e per staccarsi dalla ricchezza, dalla materialità, anche dal caos della città, dalla vita opulenta da cui si proviene. Vi è una grande scultura di Cristo, esternamente, quindi anche per chi non entra dentro, in cui Egli sofferente emerge da altra dimensione e si afferra con vigore. La chiesa è alta anche per essere vista da lontano, la croce è visibile, e la struttura ferrea lo è a mo’ di campanile, fornendo richiamo tra le mille costituenti la giungla metropolitana. Il vero campanile è simbolico, in ferro e basso, richiama i fedeli in zona e per essi qui è chiesa, parrocchia. L’interno è di muri e soffitto bianchi. Il bianco è di intonaco, di struttura, prima che decorativo. Quattro possenti pilastri grigi sorreggono il soffitto. Non si può evitare il riferimento alle strutture semplici dell’Africa, con mancanza di orpelli o decorazioni barocche, fini a se stesse. Lateralmente vi sono diverse statue, di cui una variopinta e una di Papa Giovanni Paolo II colorata di bianco. L’ambiente è chiuso e confortevole, nel suo essere bianco. È un bianco di sicurezza, che dopo di essere di semplicità ed essenzialità, è anche di luminosità. Ricchezza spirituale che il bianco infonde. Tutti gli oggetti emergono alla vista come appoggiati, vi è l’idea di utensili e cose di un ospedale da campo, ma prevale la visione di una casa africana, senza tramezzi, con mobilio a separare gli ambienti. Ciò è confermato dal tabernacolo messo in un angolo, con banchi a parte per la venerazione, come in una cappella senza pareti.
Il legno dei banchi è bianco, bordato di legno chiaro. Disposizione cromatica e materiale che è decorazione, senza orpelli. Le croci sui pilastri bianchi dei muri laterali sono in legno scalfito dorato, stile decorativo complessivo della chiesa, sul materiale per come è composto e disposto. È espressa l’Africa per la lavorazione come decorazione, di un materiale rappresentativo come il legno. La decorazione dell’altare ligneo è moderna ed esso è chiaro, quindi non impositivo e forzato, ma leggero nell’essenza. Sulla parete dietro al crocifisso vi è un dipinto rappresentante i luoghi reali di Gesù, che porta il fedele ad ambientarsi meglio con la storia narrata nel Vangelo, collocando in luoghi lontani tutto l’edificio, col suo legno caratteristico e le pareti bianche, assolute nello spazio. Diciamo che dall’Africa nera quella è una foto delle regioni reali di Cristo, come ambiente, luogo di riferimento. I quattro grandi pilastri danno strutturalità al luogo, conferendogli sicurezza, stabilità, durevolezza. Lo fanno con contegno, poiché, seppur larghi, essi sono grigi, da non colpire troppo l’osservatore. Ma il vero senso della loro presenza è dato dalla volontà di affermare, con la loro possenza, l’accettazione, da parte della Chiesa istituzione, dei concetti espressi, di idee cristiane provenienti e attinenti all’Africa, per confermarli nella città, sita nella realtà occidentale. Le statue varie, il leggio, la fonte battesimale, sono piazzati, come detto, a generare una sorta di confusione di tanti oggetti costituenti l’ambiente, e a lasciarci immaginare una casa senza pareti interne, quali quelle del continente nero. Il livello dell’altare è rialzato di tre gradini, ma non è solo un presbiterio, bensì un secondo ambiente, la parte in fondo della chiesa, come nell’immaginazione appena riferita. Dell’Africa abbiamo una rudezza, una semplicità, una basilarità degli elementi. Due piccole cupole non piramidali, ma comunque a punta, stanno rispettivamente sopra l’entrata e sopra l’altare, perché la stessa luce divina inonda e raggiunge dall’alto sia il fedele che arriva, sia il sacerdote, con l’altare dove esercita le funzioni religiose.
Invece, al di sotto della grande struttura metallica esterna, troviamo l’oratorio, un ufficio, una saletta. Tutto sta a indicare che è una infrastruttura della città, della metropoli moderna, nella confusione strutturale di questa. Il tetto ferreo è alto, perché importante, perché l’azione arriva più lontano. Per ulteriori foto su questa chiesa: https://www.chiesemoderne.it/portfolio/s-margherita-maria-alacoque-torrenova/

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