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Santissima Annunziata a via Ardeatina

Tra la viabilità dell’Ardeatino si incontra la chiesa di Ss. Annunziata a via Ardeatina. La facciata si presenta come un largo muro. L’entrata in tale muro è alla estremità di sinistra, a quella di destra altre due porte di legno. L’entrata non centrale, ma nel punto iniziale del muro, e la parvenza di esso come costeggiante una strada, fanno pensare all’accoglienza, lungo la via, di chi si trovi di passaggio e si soffermi a cercare conforto e, ancor più, spiritualità. Le altre porte fanno pensare a più attività nello stesso tratto di strada, ma c’è quella di accoglienza del fedele, l’entrata da sinistra. La tettoia che sporge sulla facciata è alta e mira in alto, diagonale, punta il cielo. Fisicamente, non ripara molto dalla pioggia e dalle intemperie, a farlo è la struttura, poiché verso dentro la tettoia si abbassa. Ripara piuttosto, puntando verso un punto molto elevato, da malesseri tanto alti quindi morali e spirituali. Il vetro orizzontale tra tettoia e muro di facciata è scuro e con finestre a intervalli, ricordanti sempre più attività lungo la struttura, che, come abbiamo detto, si pone idealmente lungo la via. Ad aiutare l’immaginazione di quest’ultima idea c’è il pavimento esterno, che dal cancello presenta strisce di diversi colori, grigio, rosso e bianco, che portano alla chiesa. Queste indicano che la via, il percorso, i diversi percorsi possono portare il fedele a questa chiesa, dal traffico che si dirama da via Ardeatina e vie limitrofe. Ciascun colore indica uno scopo del tragitto, che può essere la fede in Dio come per esempio la vocazione a Dio. Percorsi determinati, si può intendere, destinano i fedeli a questa chiesa che, paradossalmente, non è più luogo di passaggio bensì luogo destinato. Allora si può notare che della facciata orizzontale si può individuare un centro, nel colore bianco e tra le porte. A sinistra della porta d’ingresso il muro continua e c’è l’oratorio. Il fedele dunque, condotto dalle strisce che indicano il percorso, trova una stabile comunità cattolica, attiva, preesistente, di cui si vede l’attività nell’ufficio, negli edifici, nel giardino e parco giochi. Le strisce della pavimentazione esterna portano a tutti gli ambiti parrocchiali, percorso totale verso la Chiesa, in tutti i suoi livelli e aspetti. Tornando al vetro frontale, esso è presente perché siamo in una chiesa, ed è scuro perché la spiritualità è racchiusa all’interno, e per dare il senso di protezione e copertura della tettoia. Entrando troviamo un soffitto più basso che poi si eleva. Il soffitto più basso, entrando, dà l’idea di entrare in un luogo cittadino da una serie di passaggi e ostacoli urbani, come un luogo pubblico della città e della civiltà. Poi si è investiti dalla grande luce, che si vede gloriosa nell’aula e sull’altare; le pareti chiare, il crocifisso che si staglia centrale sul muro. Si capisce quindi di essere entrati da una sorta di entrata laterale in un luogo sacro, ce lo impone il grande crocifisso. Nell’aula il tetto è diagonale in senso inverso, nell’avvicinarsi a Dio, e, nel suo tempio, si è riparati come dalla pioggia. La chiesa diventa e si presenta come rifugio stabile, presso il Signore, dalle intemperie, simbolicamente naturali. I faretti del tetto spiovente sono più numerosi che sul tetto basso, e sul soffitto, centrale, vi è come una scala in legno dal centro verso l’altare. La parte bassa appena si entra è veramente per il fedele di passaggio, cui la stabile comunità parrocchiale offre riparo, metaforicamente dal tempo piovoso. C’è il marmo bianco del presbiterio, grigio dove sono le sedute dei sacerdoti. Le pareti sono color crema, il soffitto bianco, tutto è luce spirituale del Divino. I vetri, da dentro, sono colorati, e prevale l’azzurro di un cielo sereno, il cielo della dimensione terrena dato dalla protezione dell’interno della tettoia. Al lato sinistro dell’aula, porte portano agli uffici parrocchiali. L’attività parrocchiale è simbioticamente collegata alla chiesa, un’unica entità strutturale e spirituale, vero rifugio, sicuramente, per l’uomo di passaggio.

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