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Gesù di Nazareth

In una rotatoria del Collatino si affaccia Gesù di Nazareth, chiesa bianca di fine anni Ottanta. La facciata, con tre entrate, presenta linee orizzontali e spigoli. Il moto di discesa della linea del tetto contrasta con le linee diagonali delle porte. Nel tendere a destra delle linee della facciata tale contrasto offre una ricerca di una linearità centrale o centralizzante, perché si stabilizzi la facciata all’osservatore. L’edificio, nel complesso, vuole essere un solido articolato di solido materiale naturale, costruttivo, che abbia più facciate e più lati, non essendo perfetto. L’effetto è di una caverna ricavata nell’urbe, profonda ed esternamente come una roccia cava, pietra grossa che anche difensivamente ha linee diagonali e spigoli. Le linee del tetto dei lati destro e frontale formano una punta dove c’è la croce, che geometricamente diventerebbe il centro, cui tendono anche i tetti delle porte frontali. Al centro geometrico quindi uno spigolo, da cui si allunga il muro della terza porta. Tutto ciò indica la pluralità di sfaccettature dell’edificio, che non trova un centro avendo molte facce importanti. Caratteristiche linee diagonali e tetto a scalare, tre porte che vogliono essere una, divisa in tre. Prese singolarmente esse possono costituire l’accesso a una tana o accessi multipli di una stessa caverna. L’essere questa chiesa significativamente nel contesto urbano è indicato dalla croce che affaccia sulla strada più vicina e più trafficata, sui rumori del traffico, senza essere centrale rispetto alla cosiddetta facciata. Tale rocca irregolare ha infatti porte su tre lati. Quella laterale sembra anch’essa l’entrata, mentre, sul lato posteriore, piccole porte più comuni. Quest’ultimo lato è piano, muro normale di edificio, e così colma la forma generale dandogli un assestamento. Significa che lo spigoloso edificio sacro è poggiato sull’operato clericale, sulla Chiesa di uomini, sulla Chiesa istituzione pure della città. Le sue porte sono infatti l’ingresso della canonica. L’idea di caverna nell’urbe, oltre che dalla croce verso la strada e il campanile dallo stesso lato, è paradossalmente confermato dall’isolamento ambientale rispetto al caos cittadino, dovuto dalla presenza della siepe che isola l’ambiente religioso, dove c’è spazio e prato verde, campi da gioco. Nella metropoli, quindi, caverna che si isola e offre ambiente pacifico, si identifica con se stessa, mentre la croce e il campanile si affacciano e chiamano alla città in cui è integrata, dal lato della sagrestia, cioè dove uomini accolgono al luogo sacro. Il bianco non intonso, liscio del cemento esterno sta a indicare solidità della roccia costruita, naturalezza e selvaticità della sua posizione, durezza, resistenza al tempo e a fattori esterni. Il gioco di linee è parte dell’edificio, vi è il richiamo costituito dalla sporgenza delle campane, ma è poi stabile e solido, integrato ma staccato. La base del campanile è a triangolo rettangolo, esso si propone squadrato cioè offerente stabilità e sicurezza, ma è poi spigoloso come la struttura di cui è parte. Allo stesso modo non è alto ma lo è più dell’edificio, che ha linee scalettate pure sul suo stesso fianco. I lati della chiesa hanno finestre rettangolari, orizzontali con grate scure, a indicare che la realtà dell’edificio è all’interno, sottolineano come esse siano esterno e dentro prende forma il luogo di culto. Contrariamente al senso di geometrica irregolarità che si ha all’esterno, sembrante l’esterno di una caverna scavata, l’aula è quadrata e spaziosa, un unico ambiente, col tetto basso ad accentuare la larghezza. L’altare è a un angolo, delle porte d’accesso una è all’angolo opposto, le altre sono laterali. Le pareti sono ruvide, in cemento sbruffato a non dimenticarci l’effetto caverna. Le finestre sono sì luminose ma piccole, a rappresentare l’accesso della luce da piccoli fori di una grotta, rettangolari, quindi regolari, perché questa è nella città, e nel duemila. Per lo stesso motivo questo edificio ha esternamente linee rette, diagonali, geometriche a rendere tale effetto. Tali finestre danno con gusto e discrezione il tocco di sacralità e spiritualità di chiesa moderna, di luogo sacro. Più libere e rosee le vetrate a un lato dell’angolo del presbiterio. Il soffitto è costituito da scanalature orizzontali, che rendono in senso di terra o pietra scavata, quindi scanalata dalla mano dell’uomo. Il presbiterio è innalzato su quattro gradini di marmo bianco e sui muri del suo angolo c’è pietra bianca e ruvida, a lastre irregolari. È così confermata la natura di caverna per il culto, poiché le decorazioni del punto più importante sono di materiale ricavato dalla natura che circonda l’uomo, materiale grezzo, che compone il mondo. Dunque pietre naturali a decorare l’area dell’altare in una caverna che è spoglia, grigio-ruvida, con vetrate sufficienti. Lungo i muri della sala ampia due statue di Santi, a determinarne la presenza in questo luogo sacro, la possibilità della considerazione e venerazione di Essi. Il lato opposto alle entrate è aperto alla zona dell’oratorio o dell’istituzione che la gestisce ed è presente, ed è come un passaggio a una dimensione diversa e organizzativa. Il lato a destra di quello delle entrate presenta l’accesso alla sagrestia, alla umanità che collabora e recluta fedeli, come avente un accesso riservato, dallo stesso lato del campanile che richiama i fedeli. Le luci del soffitto sono lunghi neon tra le insenature, a rappresentare una luce filtrata, che illumina tutto l’ambiente, non sontuosamente ma con la stessa discrezione delle vetrate. Il pavimento è di bianche mattonelle quadrate, bianche per la sacralità del luogo, a piccoli quadrati perché tale forma indica la prima data dall’uomo, in un’artificialità primitiva. I banchi sono disposti geometricamente da tre lati, a convergere e riprendere l’idea di diagonalità e irregolarità, specie per chi entra. La primitività espressa da questo luogo, fuori e dentro, esprime a suo modo una visione della Nazareth da cui proviene Cristo, nell’epoca antichissima che lo vede protagonista. Quasi primitive probabilmente le abitazioni e terrosi gli ambienti, scuri i volti e più naturale il processo della vita umana. Si propone anche primordialità e genuinità del culto e della fede, nell’artificiosità del mondo e della società, della città stessa. Si costituisce un presidio e rifugio di lotta e resistenza, per un mantenimento di un culto originario, più vero e genuino, scaturente direttamente dal Vangelo.

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