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S. Francesco di Sales alla borgata Alessandrina

Sul lunghissimo viale Alessandrino si scorgono le linee moderne della chiesa di San Francesco di Sales. La facciata presenta una imponente porta trilitica in travertino composta da tre livelli, alta e larga. Questa è sormontata dalla punta della struttura che parte da dietro, allargando il fronte. Il vetro è materiale dominante della superficie verticale. La porta bianca è gloriosa, ed è per gli uomini, mentre la punta e la forma del triangolo rappresentano Dio. È grande la porta perché gloriosa a rappresentare la umanità, o una grande collettività, che sorregge Dio, la forma di Dio, la fede in Dio e la osservanza di essa. La porta a tre lati è forma dell’uomo, oppostamente a quella di Dio che è a punta verso l’alto. La facciata è anche larga, in segno di accoglienza e abbraccio, a confermare lo scopo collettivistico della entrata. È espressa pluralità di uomini, società che si organizza, che è organizzata a effettuare l’accesso al tempio di Dio. Le tre linee, i tre livelli indicano

Gesù di Nazareth

In una rotatoria del Collatino si affaccia Gesù di Nazareth, chiesa bianca di fine anni Ottanta. La facciata, con tre entrate, presenta linee orizzontali e spigoli. Il moto di discesa della linea del tetto contrasta con le linee diagonali delle porte. Nel tendere a destra delle linee della facciata tale contrasto offre una ricerca di una linearità centrale o centralizzante, perché si stabilizzi la facciata all’osservatore. L’edificio, nel complesso, vuole essere un solido articolato di solido materiale naturale, costruttivo, che abbia più facciate e più lati, non essendo perfetto. L’effetto è di una caverna ricavata nell’urbe, profonda ed esternamente come una roccia cava, pietra grossa che anche difensivamente ha linee diagonali e spigoli. Le linee del tetto dei lati destro e frontale formano una punta dove c’è la croce, che geometricamente diventerebbe il centro, cui tendono anche i tetti delle porte frontali. Al centro geometrico quindi uno spigolo, da cui si allunga il muro dell

Santa Rita a Torre Angela

Nella periferia est di Roma, nella borgata di Torre Angela, troviamo la chiesa di Santa Rita a Torre Angela, parrocchia eretta nel 1960. Vista da una certa distanza, la sua forma richiama quella di un ufo o nave spaziale del futuro, dato l’allargamento laterale della forma di cerchio. Tale “ufo” ha di particolare, però, il tetto verde a spiovente, che gli dà la dimensione di una casa, casa nel futuro tecnologico, più generalmente nel futuro. Questo edificio ha funzione e accoglienza di casa. Come una casa, con la forma futuristica si presenta a indicare che il futuro è di noi uomini che l’abitiamo. Il futuro siamo noi esseri umani e in questa forma di casa possiamo stare a nostro agio. La casa indica che il futuro è degli uomini, non è così alieno e lo sviluppiamo e contestualizziamo, andando avanti insieme. Più da vicino, lo spiovente del tetto ricorda ancora meglio un’abitazione, finchè la forma curva della pianta ci fa pensare anche a una capanna. Capanna intesa come dimora accogl

San Barnaba

Raccolta nell’ambiente del Casilino vicino via Roberto Malatesta, c’è la grande chiesa di San Barnaba, costruita tra il 1956 e il 1957. La facciata presenta un portico su cui è elevata. Il portico, con colonne bianche a sezione quadrata, indica che la chiesa si fonda sull’umanità. Sono gli uomini su cui si sorregge la chiesa che la costituiscono. Nel portico, questa chiesa ingloba gli uomini, e sul portico la facciata si erge, si innalza, marrone di solidità, conservando la sua larghezza. È con la presenza delle persone che la chiesa si sviluppa e acquista gloria e importanza, possenza, e poi è solida. Il portico è inglobato anche orizzontalmente, poiché ai lati ci sono solidi muri con porte, che sorreggono l’edificio. Con un secondo sguardo notiamo quindi che non solo sul portico questo poggia, non si sorregge con gli uomini del portico ma coi mattoni dei lati di cui è costituita, e ne deduciamo che i fedeli la sorreggono piuttosto essendone inglobati e costituendone la linfa. L’al

Santa Maria Regina dei Martiri in via Ostiense

Per le lunghe vie di Dragona, tra palazzine e muri di cinta, troviamo la chiesa di Santa Maria Regina dei Martiri. La facciata di essa si presenta con la linea di una casetta, conformemente al caseggiato basso in cui è immersa. Indica postazione di fermata per gli abitanti, nella forma del posto. Può anche essere vista come una capanna, richiamando le origini di Gesù e l’idea di umiltà della Chiesa cattolica. Ma una capanna solida, come indica il costone di cemento armato che la caratterizza. Capanna e casa, postazione solida nel mezzo del quartiere della comunità. Il costone, sporgendo in avanti, è solidità architettonica della chiesa e per Dio, cioè la componente strutturale solida è nella disposizione della sacralità. La struttura si dedica allo scopo sacro, non solo all’apparenza e in eventuali orpelli. E solidità di struttura sacra. La struttura che vien fuori con la facciata è come un transfert, un collegamento tra la strada, quindi la vita terrena, quotidiana, e il luogo di

Nostra Signora di Lourdes a Tor Marancia

Giungendo a Tor Marancia dalla Montagnola, ci si imbatte nella chiesa di Nostra Signora di Lourdes a Tor Marancia, gialla esternamente. Frontalmente essa è divisa in tre segmenti con un tetto spiovente per ciascuno, segni di larghezza e grandezza di un’unica facciata, un’unica chiesa, edificio. La larghezza esprime la grandezza del sito. Il muro è abbombato, viene verso l’esterno e il tetto ha l’effetto di una forma sospesa. I muri, fermi, contengono quindi come una nube, una nube di essenza, di spiritualità, di presenza divina che si eleva fino al tetto come appoggiato e sospeso su essa, e si spiritualizza con la struttura astratta del lucernario, puntante verso l’alto. La chiesa è quadrata, alta, ed ha accessi su tre lati. Il lato posteriore è attaccato all’edificio della canonica. Vista dal marciapiede rende come struttura possente e larga, pure alta, improvvisamente grande alla vista del passante. Fa l’effetto di una grande grotta naturale in un ambiente naturale. Tale grotta na

San Crispino da Viterbo

Nella zona di Roma chiamata Labaro si trova la chiesa di San Crispino da Viterbo, costruita tra il 1985 e il 1987. La facciata, grigia e larga, presenta un moto in elevazione verso il centro, che potrebbe voler salire ripidamente. Tuttavia la smussatura, l’interruzione orizzontale degli elementi nasconde e mitiga questo effetto, per far convivere e armonizzare la chiesa con il contesto cittadino e dei palazzi, con un senso di modestia anche in relazione al suo essere collocata nella grande città. I vetri verticali presenti in tale facciata, tra un elemento e l’altro, ne accentuano il significato di imponenza moderna architettonica, confermando l’idea di alto edificio dei giorni nostri. I lati della chiesa sono l’estensione della facciata che si espande in profondità, e l’edificio assume una forma di freccia che punta a chi arriva, al fedele, allo spettatore. La punta di tale freccia è smussata dall’angolo concavo del centro della facciata. Non è un punto ad elevarsi, quindi, ma u